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#1 - ONE WAY TICKET

  • Writer: Flâneur
    Flâneur
  • Jan 2
  • 3 min read

Updated: Feb 4


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La mezzanotte è scattata da poco. Il gran giorno è arrivato. Due valigie stracolme ed uno zainetto mi aspettano al piano di sotto. Fuori dalla finestra della camera da letto la nebbia tipica delle campagne della bassa veronese. In casa c’è un silenzio assordante, interrotto saltuariamente dagli scoppiettii della legna che brucia nella stufa appena giù dalle scale.

«Difficilmente chiuderò occhio» Penso tra me e me.


Come sono arrivato nel giro di un paio di mesi a mollare un contratto a tempo indeterminato con ottime prospettive di crescita, a vendere la mia BMW a cui tenevo come se fosse un figlio e comprare un biglietto aereo di solo andata per una città in cui sono stato una sola volta in tutta la mia vita, senza conoscere nè la lingua, nè anima viva, ma soprattutto senza nessun piano? Cosa ho intenzione di fare? Non ne ho la più pallida idea. Tutta la mia fiducia è riposta tutta in una specie di codice fiscale utile per trovarmi un lavoro e in una prenotazione di qualche settimana in un ostello piuttosto economico, ma qualcosa dentro di me mi dice che questa è la cosa più giusta da fare, non ho alcun dubbio.


Nelle notti precedenti alla partenza più volte mi sono immaginato quel momento. L'arrivo in quella nuova città, fiero di me stesso, il passato alle spalle e un sorriso stampato sulle labbra. L'inizio di una nuova vita con tanto di colonna sonora in stile film hollywoodiano. E fu proprio così... più o meno.


Sono all’incirca le sei di sera quando metto piede fuori dalla stazione centrale di Amsterdam. È il dodici Gennaio, fa un freddo cane e sta diluviando. Un’orda di ciclisti impazienti quasi mi travolge ed il telefono con la direzione dell’ostello mi cade in una pozzanghera. Cerco di memorizzare la strada dato che ho due valigie e mezza da portare, fortunatamente la destinazione è abbastanza vicina. Mi trovo davanti agli occhi questo edificio abnorme fatto di mattoni a vista, con le finestrelle senza tende tipiche dell’architettura olandese. «Sembra un carcere» penso togliendomi il berretto ormai fradicio.

Entro, mi avvicino al bancone della reception, un tizio con una spilla raffigurante una bandiera greca, una inglese ed una italiana mi registra per le successive due settimane. Con il mio pessimo inglese cerco in qualche modo di informarmi sul limite massimo di pernottamento della struttura, da precedenti esperienze di viaggio sapevo che la maggior parte degli ostelli limita i soggiorni per evitare che vengano utilizzati come "casa" dato il basso costo.


«Quattordici notti massimo» Mi risponde in un italiano quasi perfetto.

«Ottimo... grazie» Rispondo.


Prendo l’ascensore fino al terzo piano e cammino per un labirinto di lunghissimi corridoi bianchi fino alla porta con sopra il numero 347.

«Ci siamo»

Entro, la camera è vuota. Ci sono tre letti a castello, due sulla sinistra ed uno in fondo a destra, per un totale di sei posti letto, di cui uno soltanto disfatto, con sopra una borsa da bagno aperta, qualche libro, ed un cellulare in carica. Ci sono anche sei piccoli armadietti ed una piccola finestra sul lato opposto all’entrata.

Pochi istanti dopo si apre la porta del bagno alla mia destra, una ragazza esce con un asciugamano in testa.


«Ehi ciao! Di dove sei?» Mi chiede con un inglese impeccabile.

«Italia, e tu?»

«Orlando, Florida. Wow, Italia, che meraviglia! Stai facendo un lungo viaggio?» Continua, probabilmente incuriosita dalla mia quantità di bagagli.

«Si, diciamo di si» Rispondo, cercando di mascherare la mia agitazione.

«Beh, intanto welcome to Amsterdam!» Esclama sorridendo e facendomi l'occhiolino.

Ringrazio cercando invano di tirare fuori il miglior sorriso possibile.


Inizio a setacciare la stanza con lo sguardo, cercando qualche buco dove poter mettere tutta la mia roba, senza successo.

Salgo sul letto numero due, in alto a destra, mi corico ed inizio a fissare il bochettone del riciclo dell’aria a mezzo metro dal mio naso. «Porca troia l’ho fatto davvero!» Esclamo nei miei pensieri, appena prima di farmi prendere da una crisi di emozioni miste e chiudermi in bagno per almeno un quarto d’ora.

Esco, mi guardo di nuovo intorno. Salgo sul letto un’altra volta ed inizio a ridere. È la prima volta dal giorno in cui sono nato che sento che la mia vita profuma d’avventura, tutto questo mi trasmette una sensazione di piacere indescrivibile.

«Casa dolce casa?» Penso ironizzando, prima di addormentarmi come un bambino.



 
 
 

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